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Se l’emigrante scopre il socialismo bolognese

Opinionista: 

Per un capriccio del Destino mi trovai a vivere a Bologna. E mi è capitato credo un paio di miliardi di volte, da quando poi sono tornato a Napoli, di parlare della mia esperienza di vita in quella terra. Che durò cinque anni e furono anni meravigliosi. Perchè furono anni di vita senza stress e senza parcheggiatori abusivi, quindi meravigliosi. E senza i cumuli di spazzatura che colorano le nostre vie e i nostri sogni di primavera, canterebbe Minghi. E a chi mi chiedeva ma come si vive lì, io raccontavo la mia Bologna da emigrante, raccontavo la scoperta di un'idea di vita socialista coltivata e sviluppata in maniera naturale da chiunque si trovi a vivere, per scelta o per destino, tra i viali, il lambrusco, Guccini sempre in trattoria, le Porte e piazza Maggiore. A Bologna, lo capii poi col tempo, si fa rivoluzione ogni giorno, da sempre, ma senza proclami, con ritmi sconosciuti e incomprensibili a chi emiliano romagnolo non è fin dentro il midollo, senza barricate e senza alzare la voce e senza le bandane delle rivoluzioni al sugo di pomodoro e mozzarella di bufala. A Bologna fa un freddo indegno, ma davvero esagerato, però ci vivi con la certezza che quando poi torni a casa, qualunque essa sia, troverai comunque una coperta che ti aspetta. A Bologna, raccontavo trent'anni fa agli amici increduli del bar di via Luca Giordano a Napoli quando ci tornavo, ci stanno le ragazze che guidano i bus, anche di notte, e i bus arrivano puntuali. Veramente. E ci stanno le ragazze che alle 7 del mattino, io le osservavo stando dietro i vetri di casa mia in zona stadio Dall'Ara, spazzano le strade e hanno i capelli biondi e ben pettinati e parlano in un italiano morbido che ti fa pensare ai tortellini ripieni. A Bologna ti capita di conoscere una ragazza che lavora negli uffici della Regione e poi, se a fine settimana ti capita di fare una gita a Monghidoro, la ritrovi tra la neve che sta friggendo e preparando le crescentine per la festa dell'Unità "perché è il mio turno", ti dice soddisfatta e calata nel suo ruolo, perché anche lei è un tassello dell'idea. A Bologna se vai a bussare per cercare lavoro, ti ascoltano e se ti dicono vediamo cosa si può fare, vedranno davvero cosa riescono a fare per te. A Bologna il welfare non è una bella parola con cui fare i gargarismi, ma un progetto concreto per far vivere bene la gente. A Bologna, mi capitò davvero, se fischietti Faccetta nera si fa subito il silenzio intorno a te, poi cominciano a ridere tutti e ti dicono hai sempre voglia di scherzare. A Bologna, in Emilia, in Romagna, da sempre te la danno se te la vogliono dare e senza girarci troppo intorno. E questo non mi sembra un dettaglio trascurabile. Insomma, ve lo dico, avrei votato Bonaccini.