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Torna il bipolarismo, si riduce la rappresentanza

Opinionista: 

Se torna, come sembra, il bipolarismo (partitico o di coalizione ha poca importanza), che necessità c’è di ripristinare il sistema elettorale proporzionale? Mi sembra inopportuno almeno per due motivi. Il primo è la sottrazione all’elettorato la legittima conoscenza di chi governerà all’esito delle elezioni. Si sa, infatti, per lunga e consolidata esperienza, che con il proporzionale gli accordi per la formazione dell’esecutivo avvengono dopo il voto. Dunque, nessuno potrà sapere prima che cosa accadrà se dovesse vincere questa o quella formazione. Un vulnus insopportabile a quella che per un ventennio è stata definita “democrazia dell’alternanza” garante, tra l’altro, di stabilità e di maggiore coinvolgimento dell’elettorato nella formazione del governo. Il secondo è strettamente connesso al taglio dei parlamentari. Con la drastica (ed ingiustificata) riduzione avremo, con il proporzionale, collegi vastissimi dai quali dovranno uscire pochissimi parlamentari: un affronto palese alla rappresentatività che, alcune regioni, scarse di abitanti, rischiano di non avere, come il Molise e, forse, la Basilicata. Il ritorno dei Poli, oltretutto, ridurrebbe all’irrilevanza quel poco che resterà del Movimento Cinque Stelle dopo le prossime consultazioni elettorali, rendendo più semplici le aggregazioni e trasparente la vita politica condizionata oggi da un partito che trae la propria legittimazione da una privata associazione informatica alla quale i parlamentari sono tenuti a corrispondere contributi per garantirne la vita e l’attività, ma senza poterla gestire politicamente. Si tratta, per dirla tutta, di una formazione oligarchica nella quale la discussione (se tale la si può definire) è racchiusa nell’angusto spazio decisionale occupato dai “capi” che decidono prescindendo dalle indicazioni della base. Un popolo tenuto ai margini, insomma, mentre la stessa nomenclatura dice di battersi per l’introduzione dei modelli riferiti alla democrazia diretta (sospettiamo che neppure sappiano di che cosa parlino). Insomma, con un clic, generalmente, si tende ad orientare il processo legislativo e si procede a nomine di competenza dei deputati e dei senatori. Quanto di più antidemocratico si possa immaginare. Ed i risultati si vedono: in due anni circa, la parabola dei pentastellati è sostanzialmente finita. Il tripolarismo all’italiana ha fin qui prodotto soltanto sconquassi e contraddizioni. A cominciare  dalla formazione di due governi di opposte tendenze con lo stesso presidente del Consiglio come garante. Una bizzarria tutta italiana che rischia di durare ancora tre anni posto che nessuno ha intenzione seriamente di staccare la spina alla Legislatura. In ballo c’è l’elezione del presidente della Repubblica nel 2022 che sarà scelto da un’Assemblea largamente delegittimata dal voto popolare degli ultimi anni (compreso quello di domenica scorsa) e dominata da una maggioranza che non esiste più nel Paese. E poi “blindata” dalla resistenza di quattrocento parlamentari che con il “taglio” previsto altro non potrebbero fare che tornarsene a casa. Perché dovrebbero scegliere la dolorosa via dell’eutanasia politica imboccando la strada delle elezioni anticipate? Coloro che, soprattutto nel Centrodestra, sono inclini a nuove elezioni dovrebbero riflettere sui loro destini (politici, non elettorali). Abbiamo motivo di credere - e non dovevamo aspettare le regionali emiliane per convincercene - che lentamente il declino potrebbe farsi ampio e inarrestabile: la gente vuole ben altro che slogan propagandistici che non diventano programmi di governo. E allora è il caso che questo Polo, minoritario in Parlamento, ma maggioritario nel Paese si riorganizzi secondo un modello nuovo, vale a dire confederale, che garantisca la coesione all’interno di ogni partito (che deve rivisitarsi soprattutto culturalmente) uniti da  un patto di consultazione permanente tra gli stessi. Marciare divisi per colpire uniti, insomma. È un’esigenza che richiede il nuovo sistema proporzionale. Se non lo si capisce abbiamo il sospetto che le elezioni del 2023 potrebbero essere vinte dalla sinistra allegramente colorata di rosso, fucsia e giallo (un po’ sbiadito) nella quale sguazzeranno varie specie ittiche come evoluzione naturale delle sardine.