Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Tra farsa e tragedia qual è la vera sfida

Opinionista: 

Quella che continuiamo a vivere è forse, o senza forse, la più grave crisi della storia repubblicana. Offriamo al mondo l’immagine di un Paese in pieno stato confusionale, perduto tra la farsa e la tragedia di una democrazia malata e dall’incerto domani, in cui è in atto una sfida destinata a lasciare sul terreno, chiunque ne sarà il vincitore, la più illustre delle vittime: la nostra credibilità agli occhi del mondo. In ballo, in questa telenovela bruttissima, che tal resterà qualunque ne sia la conclusione non è una semplice competizione tra partiti, ma molto di più perché la posta in palio ricorda da vicino quella per la quale gli italiani vennero chiamati alle urne settant'anni or sono, il 18 aprile del 1948 per scegliere tra due diversi sistemi. Formalmente a determinare la rottura tra il Capo dello Stato da una parte e Lega e Cinquestelle dall'altra, è stato il dissenso sulla nomina di Paolo Savona a ministro dell'Economia. Ma la partita che attende l’Italia, è, in realtà, di dimensioni ben più ampie e il trascorrere dei giorni rende sempre più evidente che lo scontro sul nome di Savona è stato del tutto strumentale. Il vero braccio di ferro è e sarà, tra due diverse concezioni del sistema politico: da un lato c'è Sergio Mattarella che ha difeso la Costituzione vigente e con essa la democrazia parlamentare; dall'altra Matteo Salvini (che appare come il vero leader dello schieramento alternativo) che punta ad un sistema di stampo populista ch'egli conta di gestire in chiave personalistica. Soltanto gli ingenui potevano credere che il vero motivo della rottura fosse il "caso Savona" . Spiace che quest'ultimo, che pure ha avuto un passato degno di rispetto, prestandosi al gioco leghista, abbia avuto una così pesante caduta di stile. Ma il "combinato disposto " di senilità e di ambizione può giocare, a volte, brutti scherzi. La Costituzione, che è la legge fondamentale dello Stato alla quale tutti devono attenersi, regola la nomina dei ministri all'articolo 92, prevedendo esplicitamente che "il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri". Il potere di nomina, dunque, è del Capo dello Stato. Che qualche "pasdaran" della Lega o dei Cinquestelle non lo comprendesse poteva anche essere giustificabile, ma che non se ne rendessero conto i leader di forze politiche che si propongono di guidare il Paese non era credibile ed appare, perciò, sempre più evidente che sfidando Mattarella, sapendo che questi non poteva cedere per non mortificare non tanto se stesso, quanto l'istituzione che rappresenta, Salvini puntava alla rottura e a nuove elezioni. Non è ben chiaro, allo stato, se Di Maio fosse consapevole di questo gioco o sia caduto in un "trappolone" tesogli dal leader della Lega. Ora Salvini – che, ancora una volta ha trovato l’avallo di Giorgia Meloni, timorosa di perdere il treno che potrebbe portarla verso qualche poltrona – vorrebbe andare alle urne quanto prima, sicuro di poter fagocitare lo sprovveduto Di Maio al quale il più avveduto Grillo ha fatto comprendere in quale guaio si è cacciato inducendolo a ritirare l’improvvida richiesta di impeachment contro Mattarella e a restituire il cerino acceso nelle mani di Salvini chiamato a dire se aderisce o meno all’ipotesi di un governo Lega- Cinquestelle, spostando Savona ad un ministero diverso da quello dell’Economia.. Ma, al di là di tutti questi inciuci, possibili o immaginari, è evidente che gli italiani saranno a breve chiamati ad un appuntamento decisivo. Non saranno, quelle che, comunque, ci attendono a non lontana scadenza,, elezioni "ordinarie". Si tratterà di una grande sfida, come quella del 1948 dal cui esito dipenderà il futuro del nostro paese. Con una differenza non di poco conto, peraltro, con la sfida di settant'anni or sono. Allora, alla guida di entrambi gli schieramenti, c'erano uomini politici di grande livello, mentre oggi...