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Un consiglio a chi si propone a sindaco della città di Napoli

Opinionista: 

Cari amici lettori, sembra proprio che sia incominciata la battaglia elettorale per l’elezione del nuovo sindaco di Napoli. Un aspetto positivo certamente c’è ed è rappresentato dalla fine dell’epoca di Giggino ‘e còpp’o Vòmmero. Un’epoca che non mi sento di paragonare al medioevo, nel quale fiorirono la religione, le arti, la cultura e la difesa dell’Europa contro l’invasore islamico. Nell’era Giggino, al contrario, la città (ed in primis la sua civiltà millenaria) è entrata in agonia sotto tutti gli aspetti. Ora, a quanto pare, è confermato che i due candidati verosimili sono Maresca e Manfredi. Scongiurato sembra il ritorno di Bassolino, garbatamente messo da parte dal suo partito e visto a bassa quota nei primi sondaggi. Le prime uscite dei due papabili, per tacere di quelle dei minori, hanno riportato alla luce gli slogan e le frasi roboanti che abbiamo già udito in passato. Sembra quasi che vogliano riportare la città ai fasti del regno di Carlo III, quando era una delle tre grandi capitali del mondo. No, amici lettori, così non va. Io sarei certamente il primo sostenitore di questo sogno, se potesse in qualche modo divenire realtà; ma questo, ahinoi, non è possibile. Questa non è l’epoca della reggia di Capodimonte, è quella della Silicon Valley. Non del profumo dei fiori, ma delle emissioni inquinanti. Non della legge di Ferdinando sulla raccolta differenziata, ma del mare pieno di plastica che ha costretto i gabbiani a fuggire sui tetti. Non di un’industria in progresso, ma di stabilimenti in chiusura. Non la patria delle arti, ma la città degli altarini ai camorristi uccisi. Allora non ci cibiamo d’illusioni, ma pensiamo a cose concrete. La prima necessità è di ritrovare i cittadini abolendo le paghette a pigri e a criminali e creando invece posti di lavoro. Ci sono, però, esigenze magari meno importanti ma più immediate. Chi amministra una città deve assicurare ai cittadini un’esigenza minimale della vita: quella di muoversi. Pochi hanno grandi ville e numerosi collaboratori domestici per cui possono gradevolmente vivere sia all’aperto, passeggiando nei viali tra le aiuole, sia al chiuso, riforniti di quanto loro occorre e serviti come il prete all’altare di una volta. Tutti gli altri debbono potersi muovere e, quindi, occorrono mezzi pubblici, strade scorrevoli e pavimentazioni sicure. Con Giggino tutto questo è sparito del tutto. Perfino i tunnel sono ormai inutilizzabili. Che stiamo a discutere di aree pedonali quando il pedone non può uscire da casa, sicuro che mai troverà un autobus e men che meno un filobus o un tram, se non dopo avere aspettato ore intere a una fermata? Come ci arriva il disgraziato, all’area pedonale, se anche le metropolitane si allagano quando piove e il rischio di cadere su un selciato malridotto è tanto alto che non azzarderei a scommettere su un arrivo indenne? Che farà, prendere la macchina? Forse, con l’incremento dei sensi unici dopo la chiusura di tanti percorsi, arriverà in giornata a un traguardo a duecento metri da casa, ad esempio per andare da via Caracciolo a piazza Amedeo passando per via Santa Lucia. Ma, una volta arrivato, dove parcheggerà? Non solo i garage, ma anche i parcheggiatori abusivi gli diranno che non c’è posto. Cari amici lettori, quello del traffico urbano è solo un esempio, perché i problemi che angustiano il cittadino napoletano sono tanti. Esso, però, ci fa comprendere fin dove arriva l’incapacità di tutti quelli che ciarlano di creare un mondo nuovo, quasi sempre troppo simile a quello descritto da Huxley. Occorre un lampo di genio per capire che non servono quattro semafori nel tratto da Piazza Municipio a quella che fu la galleria della Vittoria, mentre ne occorrerebbe uno all’incrocio del corso Vittorio Emanuele con via Tasso? I candidati, allora, potrebbero presentarsi con un piano urbano del traffico, avvalendosi di tecnici esperti. Io ricordo di aver conosciuto (ahimé, è passato più di mezzo secolo!) l’ingegnere specializzato che svolgeva molto brillantemente questo compito nella città di Vienna e trovava il tempo, nei week end, di giocare a bridge nella nazionale austriaca! Guarda caso, a Vienna c’era una regola molto intelligente: i mezzi pubblici avevano le loro regolari fermate nelle zone pedonali. Se vogliamo chiedere altri lumi sull’attività del nuovo sindaco, potremmo scegliere l’argomento del verde pubblico: cosa fa il Comune oltre che tagliare gli alberi lasciando tristissimi ceppi a decorare le strade? Potrei continuare per moltissimo tempo, ma credo di essermi spiegato: prumettìtece quacche cusarèlla e po’ facìtela overamènte, nun ce abbùffate sulo ‘a capa ‘e chiàcchiare abbacante!